Numero 26.

 

CONTO ALLA ROVESCIA PER L’APOCALISSE

 

    di Carlo Monni

 

 

CONTINUA DA LETHAL HONEY #31

 

 

PARTE PRIMA

 

PRELUDIO AL DISASTRO

 

1,

 

 

            Aeroporto dello S.H.I.E.L.D., New York City. Mi chiamo Nicholas Joseph Fury e sono il Direttore dello S.H.I.E.L.D., la famosa, o forse dovrei dire famigerata, agenzia di intelligence e sicurezza internazionale affiliata alle Nazioni Unite. Non è quasi mai un compito facile. Oggi meno di altri giorni.

            Davanti a me era appena atterrato uno dei velivoli che un mio vecchio agente aveva soprannominato Bus, praticamente una versione in piccolo dell’Eliveicolo. In piccolo per modo di dire, visto che aveva la stazza di un Boeing 747.

            Ne scesero cinque tra i miei migliori agenti, due dei quali erano miei figli. Assieme a loro alcuni ospiti decisamente speciali. La prima era un’affascinante agente britannica dai capelli neri, occhi di ghiaccio ed un corpo da sballo. Meglio non farsi incantare troppo, però, perché da quello che sapevo di lei conosceva tutti i modi di uccidere a mani nude e padroneggiava praticamente ogni tipo di arma. Si faceva chiamare Billie Garvin, ma quasi certamente non era il suo vero nome.

            Un paio di passi dietro di lei un nero muscoloso e non più giovanissimo che portava una benda nera sull’occhio sinistro proprio come me e mio figlio Nick. Il suo nome era Rufus Carter, ex sottufficiale delle Forze Speciali, ex agente della C.I.A., ex wrestler e campione di arti marziali miste. Ora era lavorava per la B.W. Services, un’agenzia privata di intelligence e sicurezza fondata dalla mia vecchia amica Natasha Romanoff[1] che attualmente stava lavorando per me.

            Al suo fianco una rossa dallo sguardo cupo: Kathryn O’Brien, anche lei ex agente della C.I.A ed attualmente della B.W. Services. Una donna che era stata più volte ferita nel corpo e nell’anima, ma era sopravvissuta.

Seguiva un tizio che sembrava Danny De Vito che tentava di imitare Rambo. A dispetto delle apparenze, Ernest Shultz sapeva il fatto suo. Aveva un passato rispettabile nelle Forze Speciali e come fotografo di guerra. Negli ultimi tempi era diventato fotografo per riviste erotiche ed aveva messo su un bel po’ di chili, ma non aveva perso un grammo della sua vecchia grinta. Sottovalutarlo per via del suo aspetto poteva rivelarsi un grave errore.

Per molti versi la donna che era con lui era esattamente ciò che sembrava a vederla inguainata in un corsetto da cui sembrava che le sue forme potessero esplodere da un momento all’altro e con stivali che le arrivavano fino al ginocchio con tacchi a spillo altissimi. Juanita Jean Sachs, più semplicemente J.J., era effettivamente una modella di nudo, occasionalmente attrice in film softcore ed escort di lusso, ma non era solo questo. Il frustino che portava al fianco non le serviva solo per i suoi spettacoli di soft SM come aveva scoperto amaramente qualche cattivo soggetto.

Una donna bionda nella classica uniforme dello S.H.I.E.L.D. si staccò dal gruppetto e disse:

-Felice di rivederti, Nick.-

-Anch’io di rivedere te, Laura.- replicai -Mi dispiace solo di aver interrotto la tua vacanza ed aver coinvolto te e Junior in questo pasticcio.-

            Io e Laura Brown eravamo stati… intimi, ma ormai la cosa apparteneva al passato. Non ero sicuro se avesse una relazione con il mio vecchio amico Jonathan “Junior” Juniper, ma non erano affari miei dopotutto.

-Nessun problema.- replicò lei -Stavo cominciando annoiarmi a non far niente tutto il giorno. Un po’ d’azione era proprio quello che mi ci voleva.-

-Se lo dici tu. Passando ad altro, davvero dietro tutta questa vicenda c’è ancora una volta l’Hydra?-

-In un certo senso sì. Se Kestrel ci ha detto la verità,[2] ed io credo di sì, Alba Nera sarebbe una creazione dell’Hydra, anche se forse stavolta potrebbe non essere un piano di Strucker o del suo braccio destro l’Hydra Imperiale. Dopo la disfatta dell’Hydra, Alba Nera potrebbe aver assunto una sua agenda sotto la guida del defunto Emil Tessler.-

-Balle.- replicai -Questo piano porta la firma della famiglia Strucker e lo sai anche tu.-

            Laura fece un mesto cenno di assenso, poi disse:

-Chi sia la vera mente dietro tutto il piano e perfino quale sia esattamente il piano è la cosa meno importante adesso. Ciò che conta è trovare David Ferrari prima che lo metta in atto.-

-E allora tu ed i tuoi ragazzi scovatelo e portatemi lui o almeno il suo cadavere.-

-Avrai l’uno o l’altro, Nick, te lo prometto.-

            In quel momento sulla pista atterrò un altro velivolo di poco più piccolo del Bus. Chi lo aveva progettato e costruito lo aveva chiamato Dragonwing.

            Ne scesero sei individui in costume dalla reputazione non esattamente cristallina, ma era la cosa che meno mi importava al momento. Avevo incaricato Angela Cleaver, fondatrice e direttrice della Justice Inc., di assemblare un team in grado di svolgere una missione in cui lo S.H.I.EL.D non poteva comparire ufficialmente. Avevano svolto il loro compito, ma erano incappati in qualcosa che li aveva portati fin lì.

-Ehilà, Nick.- mi salutò la mutante di nome Domino -A quanto pare siamo ancora una volta dalla stessa parte. Ti dirò che non mi dispiace affatto. Certo che sarebbe stato carino informarci che il nostro vero datore di lavoro era lo S.H.I.E.L.D, considerati i rischi che abbiamo corso in Rumekistan e altrove.-[3]

            Stavo per risponderle quando Deadpool si staccò dagli altri e si fermò davanti a mio figlio Nick Jr. e Rufus Carter. Li fissò per un paio di secondi poi esclamò:

-Non è possibile! Ci vedo doppio!-

            Passò rapidamente lo sguardo tra i due ed infine disse:

-No, non sono lo stesso, ma… tu…- indicò mio figlio -… tu sei anche qui. Pensavo che questa fan fiction fosse immune da certe mode. Mi sbagliavo.-

-Hai un’idea di cosa sta dicendo?- chiese l’altro mio figlio, Mike, a Domino.

-Nessuna.- rispose lei -Deadpool dice spesso cose che hanno senso solo per lui. La cosa migliore da fare è ignorarlo… o sparargli.-

            Si rivolse, quindi, a me, e disse:

-Nick… ho un problema.-

 

            Velivolo ipersonico della Justice Inc. Nome in codice: Dragonwing, alcune ore prima. Domino guardò l’uomo in costume verde steso su un lettino dell’infermeria del velivolo, poi rivolse lo sguardo verso un altro uomo, coperto da capo a piedi da un costume rosso e disse:

-Avete avuto fortuna.-

-Dipende dai punti di vista.- replicò l’uomo conosciuto come Deadpool insolitamente serio -All’ultimo momento sono riuscito ad attivare il meccanismo di teletrasporto che mi aveva fornito il Lupo Bianco sintonizzato su quello di Solo e quello ci ha rispedito al punto di partenza, cioè qui, giusto un attimo prima che il covo dei cattivi esplodesse. Buffo: non so nemmeno dove fosse. Ad ogni modo, qualcosa è andato storto e Solo si è ritrovato con il cervello fritto o qualcosa di simile.-

-Dovremo portarlo in un vero ospedale alla svelta. New York ne ha uno specializzato in superumani per fortuna.- commentò Domino -Anche se questo significherà consegnarlo alle autorità da cui è ricercato.-

-Sarà bello essere di nuovo nella Grande Mela.-commentò Deadpool -Rivedere i vecchi amici. Metà dei quali vorrebbe farmi a fettine, ma non importa.-

            Domino sospirò.

 

            Quartier Generale dello S.H.I.E.L.D., Turtle Bay, Manhattan, New York City. Infermeria e laboratori.  Timothy Dugan Jr. sollevò la testa dagli strumenti e guardò me e Domino.

-Mi dispiace, ma non c’è nulla che possiamo fare qui. Per il problema di Solo sono necessarie cure particolari e speciali.-

-E quindi?- incalzò Domino.

-E quindi l’Howard Stark Memorial Hospital può essere una buona scelta.- ribatté Tim -Hanno un eccellente reparto di lunga degenza dove Solo potrebbe essere adeguamento assistito in attesa che si trovi un modo per curare la sua condizione.-

-Ma in questo modo lo arresterebbero!- replicò Domino -Può anche non starmi troppo simpatico, ma è sempre un mio compagno di squadra, una mia responsabilità.-

-Potrebbe essere trasferito in Wakanda.- intervenne il Lupo Bianco -Potrei fare un paio di telefonate ed organizzare il suo trasferimento sotto protezione di un passaporto diplomatico.-

-Davvero lo faresti?-

-Come hai detto tu, è un nostro compagno di squadra ed i compagni di squadra si aiutano tra di loro.-

            Il fratello adottivo della ex Pantera Nera poteva essere un gran figlio di buona donna quando voleva, ma a quanto pareva conosceva il concetto di onore e questo al vostro Nick Fury andava benissimo.

 

 

2.

 

 

            Quartier Generale dello S.H.I.E.L.D., Turtle Bay, Manhattan, New York City. L’elicottero atterrò in perfetto orario e ne scesero le nostre cinque ospiti russe. Avevano preferito viaggiare per proprio conto e la cosa non era stata una sorpresa. Potevamo anche essere dalla stessa parte in questa occasione, ma la diffidenza e la sfiducia reciproche erano difficili da superare.

                A guidare la piccola delegazione era un’elegante donna dai capelli che dimostrava poco più di quarant’anni. Il suo nome era Anna Olegovna Derevkova. Ufficialmente era la vice direttrice dell’Ufficio Visti  del Consolato Generale Russo a New York, ma in realtà era la rezident[4] del S.V.R.[5] negli Stati Uniti ed anche una buona amica di mio padre, cosa che avrebbe potuto facilitarci le cose… forse.

                Appena dietro di lei c’erano l’enigmatica agente del S.V.R. nota come Petra e le tre Vedove: la Nera, la Rossa, la Bianca. Ognuna di loro era inguainata in una tuta aderente del rispettivo colore che ne esaltava le forme perfette, ma non bisognava farsi ingannare distrarre. Quelle tre donne non erano solo bellissime, ma anche pericolose come i ragni di cui portavano il nome ed altrettanto letali all’occorrenza. Io avevo avuto modo di constatarlo con i miei occhi.

                Il quintetto si fermò davanti a me ed io mi rivolsi ad Anna Derevkova.

-Agente di secondo livello Michael Jacob Fury. Sono stato incaricato di accogliervi e scortarvi in sala riunioni.-

-Uno dei figli di Nick.- commentò la donna sorridendo e porgendomi la mano -Gli somigli in effetti.-

-Me lo dicono in tanti, Mrs. Derevkova. Ora, se permettete, vi faccio strada.-

                Appena prima di voltarmi mi accorsi che la Vedova Bianca sembrava nervosa e mi chiesi perché, ma in fondo perché avrebbe dovuto interessarmi?

 

            Ufficio del Comandante Laura Brown. Quasi contemporaneamente. Rufus Carter e Kathryn O’Brien entrarono nell’ufficio e fu la donna dai capelli rossi a parlare per prima:

-Voleva vederci in privato, Comandante?-

-In realtà volevo vedere lei, Miss O’Brien… da sola.- rispose Laura Brown.

-Cosa?- esclamò la donna dai capelli rossi perplessa -Perché?-

-Ho una cosa da dirle in privato.-

-Che può esserci che nemmeno io posso sentire?- intervenne Rufus Carter.

-Tranquillo, Rufus.- gli disse Kathryn -Non credo che mi serva aiuto in questo caso. Ci vediamo dopo.-  

            Carter borbottò qualcosa, ma alla fine uscì chiudendosi la porta alle spalle. Le due donne rimasero sole.

Attraverso la robusta porta metallica era quasi impossibile sentire qualcosa, ma quando pochi minuti dopo Kathryn uscì era chiaramente sconvolta e sul punto di piangere. Rufus non ricordava di averla mai vista così, in genere era sempre padrona di sé.

-Kathryn…- iniziò a dire.

-Non adesso, Rufus.- replicò lei -Abbiamo un lavoro da fare.-

            Aveva ripreso la sua solita compostezza, ma Rufus sentiva che qualunque cosa le avesse detto Laura Brown l’aveva colpita profondamente e che non era il caso di parlarne adesso.

 

            Sala Riunioni, poco più tardi. Laura Brown si rivolse alle dieci donne e nove uomini davanti a lei dicendo:

-Non posso dare ordini a tutti voi, solo ai miei agenti, ma posso chiedervi di collaborare se lo volete.-

-Il mio governo si rende conto che in questo particolare frangente è necessario mettere da parte le nostre… particolari divergenze.- disse Anna Derevkova -Le agenti che sono con me hanno ricevuto l’ordine di collaborare. Ovviamente manterranno una totale autonomia anche se agiranno assieme a voi.-

-Ovviamente.- replicò Laura pacatamente.

-L’Agente Petra fungerà da agente di collegamento con il mio ufficio.- aggiunse la rezident russa.

-Sarà un vero piacere lavorare con lei, Comandante Brown.-disse Petra sorridendo.

-Posso immaginarlo.- borbottò Laura

            Non credeva minimamente a Petra e non si fidava affatto di lei. Anna Derevkova era sicuramente più affidabile, considerato anche il legame che aveva con Nick Fury e di cui solo Laura era al corrente, così come conosceva il particolare vincolo che aveva con la Vedova Bianca. Poteva credere che sarebbe stata leale, anche se quasi certamente non era stata del tutto sincera quando aveva detto che lei, Petra e le tre Vedove avrebbero tenuto lo S.H.I.E.L.D. costantemente informato di tutte le loro mosse. Dopotutto doveva pur sempre rendere conto al suo Presidente che era decisamente paranoico. Era comunque meglio di niente. Almeno stavolta stavano davvero dalla stessa parte. Doveva bastarle.

            Si rivolse agli altri:

-E voi che mi dite?-

            Fu la donna di nome Domino a rispondere per la squadra della Justice Inc:

-A quanto pare, anche se non ufficialmente, noi stiamo lavorando per voi fin dall’inizio, quindi siamo ai tuoi ordini, Comandante Brown.-

-Lo stesso vale per me e Kathryn O’Brien.- intervenne Rufus Carter -Abbiamo ricevuto istruzioni precise di metterci a vostra disposizione.-

            Sia Carter che Kathryn O’Brien erano stati agenti della C.I.A. ed ora lavoravano per la B.W. Services, un’agenzia privata di intelligence e sicurezza che in questo caso aveva come committente lo S.H.I.E.L.D. su incarico diretto di Nick Fury in persona. Laura sapeva di poter contare su di loro.

-Rimanete voi due.-

            I due in questione erano un uomo tarchiato ma robusto che dimostrava circa cinquant’anni ed una ragazza dal fisico mozzafiato dai capelli neri e ricci che indossava una guêpière nera, stivali alti fino alle ginocchia ed uno spolverino anch’essi neri.

-Hai intenzione di escluderci dal divertimento, bellezza?- ribatté quest’ultima in tono duro.

-Non lo chiamerei mai un divertimento, Miss Sachs. È una faccenda seria, molto seria.- replicò Laura in tono calmo -Il vostro compito era rintracciare e proteggere una donna che si è rivelata essere la Vedova Rossa, agente disperso del servizio segreto estero russo. Ora lei ha recuperato la memoria ed è tornata in piena efficienza tra i suoi connazionali. Il vostro compito è finito. Vi siete guadagnato il vostro onorario e potete tornare a casa se lo desiderate.-

-E se non lo volessimo?- intervenne l’uomo tarchiato il cui nome era Ernie Shultz -I tizi a cui abbiamo pestato i piedi ormai conoscono me e J.J. e potrebbero decidere di eliminarci. L’unico modo per stare tranquilli è eliminarli noi per primi.-

-Ed io sono d’accordo.- aggiunse Juanita Jean Sachs.

-Non avevo dubbi.- commentò sarcastica Laura -Ammetto che i suoi talenti e quelli di Mr. Shultz ci possono essere utili, quindi siete a bordo, ma sia chiaro che dovrete seguire le mie direttive. Niente colpi di testa  o azioni impulsive, mi sono spiegata?-

            Shultz si limitò ad annuire mentre J.J replicò:

-Ti sembro il tipo che agisce impulsivamente, dolcezza?

            Laura le lanciò un’occhiataccia, poi disse:

-La nostra priorità è trovare David Ferrari prima che azioni quella sua maledetta arma. Mettiamoci al lavoro.-

 

 

3.

 

 

            Altrove. Rowena MacLean era furiosa.

-Non potete tagliarmi fuori! Questo era il progetto di mio padre ed ora è il mio.-

<<Non sei adatta per questo compito.>> replicò freddamente l’uomo con cui stava parlando via computer <<Le tue recenti azioni hanno chiaramente dimostrato la tua totale incompetenza come leader. Alba Nera è stata decimata in inutili attacchi ed è soltanto per un felice caso che Solo è stato messo fuori combattimento.[6] Ho deciso, quindi di intervenire personalmente ed affidare la direzione dell’operazione a qualcuno di più competente, efficiente e determinato. Qualcuno che dovrebbe arrivare da te… adesso.-

            Un leggero sfrigolio nell’aria alle sue spalle spinse Rowena a voltarsi e trovarsi di fronte un uomo che indossava una tuta scura con un cappuccio che gli nascondeva parzialmente il volto. Nella mano destra impugnava una strana pistola.

-Tu!- esclamò la giovane donna -Avrei dovuto immaginarlo.-

-Sì, Rowena, avresti dovuto.- replicò l’uomo che si faceva chiamare Deathstorm -Ma non l’hai fatto ed è stato il tuo ultimo errore.-

            Rowena provò ad azionare il chip di teletrasporto che le era stato impiantato nel cranio, ma non accadde nulla.-

-Cosa?- esclamò la ragazza.

            Deathstorm fece un sogghigno e disse:

-È stato disattivato. Un trucchetto che ho imparato a fare anch’io. Vorrei poter dire che mi dispiace, Rowena…-

            Deathstorm premette il grilletto della sua arma e, colpita in pieno petto, Rowena MacLean  stramazzò a terra con un grido mentre l’uomo finiva di parlare:

-… ma mentirei.-

<<Un gran peccato.>> commentò l’uomo sullo schermo <<Ma era inevitabile. Confido che come nuovo capo delle operazioni lei saprà fare molto meglio, Mr. Gant.>>

            Gabriel Gant alias Deathstorm replicò :

-Non la deluderò, Sir.-

 

Quartier Generale dello S.H.I.E.L.D., Turtle Bay, Manhattan, New York City. Ufficio privato di Nick Fury. Mi avvicinai al mobile bar e mi rivolsi ai miei ospiti:

-Cosa posso offrirvi? Vediamo se indovino: per te, Contessa, dell’autentico cognac francese.-

-Mi conosci bene , Nick caro.- disse sorridendo Valentina Allegra De La Fontaine.

-Per la nostra ospite russa, una robusta vodka estone e per me e Dum Dum del buon whiskey irlandese. Va bene anche per te, Gabe?-

            Il mio vecchio amico, nonché Direttore della sezione Operazioni Speciali, Gabriel Jones si limitò ad annuire.

            Anya Derevkova bevve la sua vodka tutto d’un fiato poi mi disse:

-Credevo che avresti assunto personalmente il comando delle operazioni, Nick. Confesso di essere rimasta sorpresa quando l’hai affidato a Laura Brown. Non è da te restare nelle retrovie.-

-Laura ha la mia piena fiducia e sia lei che i miei ragazzi hanno bisogno di non sentire il mio fiato sul collo.- replicai.

-I tuoi ragazzi… già. È lo stesso per me con mia figlia. Ho paura per lei, ma non posso, non devo farglielo capire.-

-Sua figlia è in gamba, molto in gamba, Mrs. Derevkova.- intervenne Dum Dum Dugan -Se solo metà di quello che ho sentito sul suo conto è vero, io avrei più paura per chi dovesse trovarsi contro di lei.-

            Anya sorrise e replicò:

-La ringrazio delle sue gentili parole, Vice Direttore Dugan… e mi chiami pure Anya. Niente formalità inutili, tra alleati per come la vedo io.-

-In questo caso, io sono semplicemente Dum Dum.-

-Tutta questa cordialità è molto bella…- intervenne Val -… ma Madame Derevkova, Anya, sta giocando un gioco molto pericoloso. Se i suoi superiori sapessero la vera estensione della sua collaborazione con noi avrei davvero timore per la sua testa. Petra avrà già riferito di questa piccola riunione e a Mosca vorranno un resoconto dettagliato di quello che ci siamo detti.-

-E lo avranno. Magari un po’ addomesticato.- dissi io -Non è così, mia cara amica?-

            Lei sorrise e replicò:

-Tu mi conosci bene, Nick.-

            Anche troppo forse e non molto distante da questo ufficio c’era una ragazza dai capelli rossi che ne era la prova vivente anche se per ora era un segreto per tutti.

 

            Altrove. David Ferrari fissò l’uomo che si faceva chiamare Deathstorm con un’espressione che sperava essere impenetrabile.

Considerava il suo interlocutore un pallone gonfiato, uno che si credeva chissà chi perché aveva un costume, un nome in codice e qualche arma da fantascienza, ma sotto sotto non era un granché. Non poteva farglielo capire, ovviamente.

-E questo è tutto, Ferrari.- concluse Deathstorm -Mi auguro di essere stato chiaro.

-Chiarissimo, signore.- rispose Ferrari.

-Nessun ripensamento dopo il cambio di piani?-

-Non verserò una sola lacrima per la sorte del quartier generale delle Nazioni Unite e di tutto quello che ci sta intorno e nemmeno per l’intera isola di Manhattan se è per questo. Sarà un’adeguata vendetta per tutto  quello che ho dovuto passare per… essere quello che sono.-

-Ottimo atteggiamento ed ora può andare. Domani sarà una giornata campale. Le consiglio di riposarsi.

            Deathstorm gli voltò le spalle e Ferrari si permise finalmente di rilassarsi. Quel fanatico andasse pure a dormire, lui aveva altri piani per la serata.

            Prima di essere cancellata dalla carta geografica Manhattan aveva ancora qualche divertimento da offrire per chi sapeva dove trovarlo.

 

 

FINE PRIMA PARTE

 

SECONDA PARTE

 

LA QUIETE PRIMA DELLA TEMPESTA

 

1.

 

 

Chelsea, Manhattan, New York City, qualche tempo dopo.. Rufus Carter entrò nel suo appartamento e si diresse a passo di marcia nel salotto.

            Appena lo vide una ragazzina bionda gli corse incontro e lo abbracciò dicendo:

-Sei tornato, finalmente.-

            Carter era chiaramente imbarazzato. Strinse a sé un po' goffamente la giovane Sally-Anne e le disse:

-Va tutto bene adesso.-

-Grazie a loro.- replicò la ragazza indicando gli altri due occupanti della stanza: un nero calvo e massiccio sui quarant’anni che vestiva un completo gessato scuro ed una ragazza bionda in tuta da motociclista che dimostrava poco più di vent’anni.

-Devo proprio ringraziarvi.- disse loro Carter.

-Io ed Emmy abbiamo fatto solo il nostro lavoro.- si schermì il nero il cui nome era Chris Elder.-I tuoi nemici avrebbero dovuto pensare che qualcuno avrebbe protetto la tua figlioccia durante la tua assenza.-

-Se hanno imparato la lezione, non ci riproveranno.- aggiunse la ragazza che si chiamava Emmy Doolin -In ogni caso, io e Chris saremo le ombre di Sally-Anne finché non ci sarà più pericolo.-

-Il che spero che sia presto.- replicò Rufus.

-Kathryn non è con te. Come mai?- chiese Elder.

-Mi ha detto che voleva stare da sola. Forse avrei dovuto seguirla, ma volevo rivedere Sally-Anne il più presto possibile.-

-Kathryn è una dura, una combattente che ha superato esperienze che avrebbero stroncato molti altri.-

-Ma tutti hanno un punto di rottura ed ho paura che lei sia vicina al suo.-

 

            Upper West Side, Manhattan. New York City. Sola nel suo appartamento, sdraiata sul letto, Kathryn O’Brien fissava una fotografia.

            Si morse le labbra e con un gesto improvviso gettò lontano da sé il telefono cellulare. Si dette immediatamente della stupida e si alzò per riprenderlo.

Una volta che lo ebbe recuperato chiuse l’app delle foto e rimase a fissare il display. Avrebbe dovuto telefonare a sua sorella, si disse. Iniziò a formare il numero, poi rinunciò.

Un altro giorno, si disse. Un altro giorno, o forse mai .

 

Lower East Side, Manhattan. New York City. In un altro appartamento, un’altra donna era anche lei sdraiata su un letto, ma per ben altri motivi.

L’uomo tarchiato e sovrappeso si spostò da sopra di lei, si mise a sedere sul bordo del letto ed allungò la mano verso un paio di boxer che stavano su una vicina sedia.

-Ti sei già stancato, Ernie?- gli chiese la ragazza dai lunghi capelli neri e ricci.

-Non è solo questo, J.J., e lo sai.- replicò Ernie Shultz mentre continuava a rivestirsi -Ci aspettano momenti duri ed io voglio essere pronto. Andrò a fare un po’ di allenamento.-

-Beh, anche quello che abbiamo fatto finora era esercizio fisico dopotutto.- ribatté J.J. Sachs maliziosamente.

-Non sei mai seria, J.J.?-

-Non è necessario essere seri 24 ore su 24 e sette giorni alla settimana. Prendo questa faccenda seriamente quanto te , Ernie, ma questo non mi impedisce di rilassarmi ogni tanto.-

            Il suo telefono squillò e lei allungò la mano per prenderlo dal comodino. Rispose e rimase in ascolto per poi dire:

-Davvero? Tienimi informata.-

            Chiuse la telefonata e si rivolse a Ernie Shultz:

-Forse l’azione che aspetti arriverà molto presto.-

 

 

2.

 

 

                Quartier Generale dello S.H.I.E.L.D., Turtle Bay, Manhattan, New York City. Ristorante interno. Finii il mio caffè e mi rivolsi a mio fratello Nick seduto davanti a me:

-Hai visto chi siede ad un paio di tavoli da noi? Nientemeno che le tre Vedove. Difficile credere che tre ragazze così giovani e belle siano anche delle spietate assassine.-

-Ed è proprio quello che le rende così efficienti. I loro bersagli tendono a non crederle pericolose finché non è troppo tardi.- mi rispose Nick.

-Mi chiedo di cosa stiano parlando.-

-La cosa non ci riguarda. Ognuno ha diritto alla sua privacy, Mike. Io, ad esempio, non vado in giro a dire che sono il primogenito di Nick Fury ed uso spesso il nome di Marcus Johnson proprio per non essere immediatamente associato a lui .-

-Ok, ho afferrato il punto.-

-Certo, se stessero discutendo di come ucciderci una volta che la nostra missione comune fosse finita, la cosa cambierebbe decisamente aspetto.-

-Stai scherzando, vero? È un altro dei tuoi goffi tentativi di fare dell’umorismo?-

                Prima che Nick potesse rispondere, quella che si faceva chiamare Vedova Bianca si alzò dal tavolo  venne verso di noi. Si fermò davanti a me e mio fratello e disse in tono stranamente imbarazzato:

-Io… volevo che sapeste che ho ammirato il vostro comportamento durante gli scontri che abbiamo sostenuto. Siete stati molto in gamba. Vostro padre deve essere molto orgoglioso di voi.-

-Probabile.- risposi -Ma non è il tipo da dircelo spesso. E il tuo?-

-Non l’ho mai conosciuto e mia madre non mi ha mai voluto dire chi sia.-

                Capii di aver toccato un tasto dolente e dissi banalmente:

-Mi dispiace.-

-Ho imparato ad accettarlo. Va bene così.-

                Fece per allontanarsi, poi si girò e disse:

-Il mio vero nome è Olga… Olga Nikolaievna.-

                Mi rivolsi a mio fratello:

-Ci capisci qualcosa?-

-Non lo so… non sono sicuro.- rispose Nick perplesso.

                In quel momento entrò nel locale l’agente russa chiamata Petra che raggiunse il tavolo delle sue colleghe, mise con noncuranza una mano sulla spalla della Vedova Rossa e disse qualcosa che non riuscii a capire. Le tre ragazze si alzarono all’unisono e la seguirono.

-Molto interessante.- commentai -Ora sì che sarebbe utile sapere cosa è venuta a dire quella donna e dove le sta portando. Lei sì che potrebbe volerci uccidere senza provare rimorsi. Anzi, ne trarrebbe piacere.-

-Petra è una psicopatica. Dubito che possa provare dei veri sentimenti per qualcuno. E sì, credo anch’io che uccidere la ecciti.-

                E non c’era molto altro da aggiungere.

 

                Poligono di tiro. Sparai l’ultimo colpo e controllai il risultato.

-Dieci tiri e dieci centri. Sei sempre in gamba, Kolya.-[7]

            A parlare era stata Anya Derevkova del cui arrivo non mi ero accorto prima a causa delle cuffie antirumore che mi ero appena tolto.

-Anche con un occhio solo non me la cavo male, lo ammetto.- replicai sorridendo.

            Le porsi la pistola e le chiesi:

-Vuoi provare anche tu?-

            Lei annuì, si infilò le cuffie, prese la pistola e la soppesò per qualche istante dicendo:

-Glock 17M armata con proiettili 19x9mm Parabellum. Il serbatoio standard ne contiene 17. Tu ne hai sparati 10, ne restano sette.-

            Li sparò in rapida successione colpendo sempre lo stesso punto del bersaglio: la fronte.

-Complimenti!- esclamai.

-Mi piace tenermi in esercizio.-replicò lei.

-Cosa ti porta qui? Qualche novità?-

-Non esattamente. Volevo innanzitutto scambiare un po' di idee con te. Questa faccenda, almeno per quanto ci riguarda, è cominciata quando Viktor Komarev[8] ti ha informato della scomparsa di quella misteriosa arma e che qualcuno progettava di usarla in modo da gettare la colpa sulla Russia.-

-Di questi tempi in molti avrebbero creduto facilmente che il Presidente russo potesse essere tanto pazzo da fare una cosa simile. Io stesso non ne sarei stato sorpreso.- commentai.

            Anya annuì e si lasciò scappare un commento amaro:

-Nemmeno io, purtroppo.-

            Fece una pausa come per riflettere su quella triste verità, poi proseguì:

-A quell’epoca non sapevamo ancora quanto la cosa fosse connessa con altre… indagini che tu avevi commissionato ad esterni ed ai tentativi di eliminare la Vedova Rossa.[9] Non avevamo idea che Alba Nera fosse solo un paravento dell’Hydra e che eravamo spesso depistati. Il che mi ha portato ad un’amara conclusione.-

            Ci ero già arrivato anch’io, specie dopo i tentativi di uccidere o rapire me ed i miei alleati o i loro parenti.

Avevo probabilmente eliminato tutte le talpe all’interno dello S.H.I.EL.D. ma era ovvio che non erano sole. Se lo S.H.I.E.L.D era stato infiltrato, allora era abbastanza ovvio che lo stesso era accaduto con altre istituzioni e non solo qui negli Stati Uniti.

Se dietro a tutto questo c’era l’Hydra Imperiale e se era davvero chi pensavo che fosse, allora poteva esserci solo una conclusione inevitabile.

-C’è un traditore nei servizi segreti del mio paese.- affermò Anya.

 

Mosca, capitale della Federazione Russa. Il nome dell’uomo era Aleksandr Sergeievitch Demizov ed era uno dei Vice Direttori del S.V.R. ed in quel momento stava esaminando le ultime informazioni dagli Stati Uniti.

            Dire che la collaborazione con lo S.H.I.E.L.D. non lo entusiasmava in retorica sarebbe stato definito delicato eufemismo, ma non poteva permettersi di disobbedire ad un ordine del Consiglio di Sicurezza avallato dal Presidente in persona. Non gli restava che mordere il freno.

            I piani per eliminare Anastasia Balanova, la Vedova Rossa, erano tutti falliti ed ora lei aveva recuperato la memoria. Non aveva detto niente, però. Forse non ricordava davvero tutto o forse aspettava solo il momento giusto. Non restava che attendere che tornasse in Russia. A quel punto ci avrebbe pensato lui a proteggere la donna che lo aveva piazzato nel posto che occupava…a meno che, ovviamente, colui a cui realmente doveva assoluta lealtà, fedeltà e cieca obbedienza non avesse deciso diversamente.

 

 

3.

 

 

            Casa sicura del S.V.R. a New York City. Anastasia Fyodorovna Balanova stava riflettendo su ciò che era diventata la sua vita e le conclusioni a cui stava arrivando non le piacevano affatto.

            Era stata addestrata nella misteriosa ed ufficialmente non esistente Stanza Rossa gestita congiuntamente dai tre servizi segreti russi. Le avevano insegnato ogni forma conosciuta di combattimento a mani nude e l’uso di ogni tipo di arma e naturalmente anche ad usare il sesso per irretire i nemici.

Era stata un’ottima allieva, era diventata la Vedova Rossa, la più letale assassina del S.V.R., ed aveva sempre agito per il bene della Rodina[10]. Un giorno, però qualcuno era riuscito a farle il lavaggio del cervello ed a coinvolgerla in un contorto piano per destabilizzare sia la Russia che gli Stati Uniti. Quello stesso qualcuno, una volta che il piano era stato scoperto, aveva dato l’ordine di ucciderla, ma lei era sopravvissuta a dispetto di tutto, sia pure priva di memoria.[11]

            Per un certo periodo di tempo aveva creduto di essere una prostituta di nome Svetlana in forza ad un bordello dei Caraibi poi, un giorno il passato era venuto a bussare alla sua porta e lei si era trovata catapultata in un complicato gioco di morte e di inganni.

            Ora era di nuovo integra ed un giorno avrebbe regolato i conti con chi aveva organizzato tutto. Fino ad allora avrebbe tenuto per sé quello che sapeva.

            Tornare a Mosca riabilitata sarebbe stato il primo passo. Petra le sarebbe stata utile in questo. La donna senza cuore si era innamorata di lei e questo le avrebbe permesso di manipolarla per i suoi scopi facendole credere l’esatto contrario. Non sarebbe stato troppo difficile. Pericoloso certamente, ma anche eccitante.

Il solo fatto che formulasse questi pensieri era la prova che era davvero tornata ad essere sé stessa: la Vedova Rossa.

 

            Da un’altra parte a New York City. David Ferrari si aggiustò la cravatta, poi gettò un’occhiata al ragazzo nudo ed addormentato sul letto disfatto.

            Era stata una nottata decisamente piacevole, pensò concedendosi un breve sorriso, ma ora era tempo di mettere da parte il piacere e concentrarsi sul dovere.

            Uscì dalla stanza senza guardarsi indietro.

 

Quartier Generale dello S.H.I.E.L.D., ufficio del Comandante Laura Brown. Quando entrai nella stanza trovai Laura Brown alla sua scrivania in compagnia di Jonathan Juniper che se ne stava seduto sul bordo.

-Scusate.- dissi -Non vorrei disturbare.-

-Sciocchezze!- replicò Juniper con un largo sorriso -Un figlio del vecchio Nick non disturba mai. E poi… se io e Laura avessimo voluto darci alla pazza gioia in orario di lavoro avremmo chiuso a chiave la porta.-

-Jon!- esclamò Laura.

                Scoppiai a ridere e lei mi scoccò quella che nelle intenzioni avrebbe dovuto essere un’occhiataccia, ma era evidente che non era davvero arrabbiata.

-Siediti pure e dicci cosa ti porta qui.- disse ancora Juniper.

                Mi sedetti e fissai Laura dritto negli occhi , cosa non proprio  facile, visto che i miei occhi tendevano istintivamente a guardare più in basso, e le chiesi:

-Che ne pensi delle nostre amiche russe?-

-Se vuoi chiedermi se possiamo fidarci di loro, la risposta è sì fin quando farà comodo al loro governo. Ci tengono sicuramente nascoste delle informazioni, ma noi facciamo lo stesso con loro così direi che siamo pari.-

-Quella che si fa chiamare Vedova Bianca si è fermata a parlare con me e Nick l’altro giorno e mi è sembrata… non so… strana. Mi lusingherebbe pensare che sia attratta da uno di noi, ma ho la sensazione che si tratti di qualcosa di diverso.-

Laura mi rivolse uno sguardo indecifrabile. Stava per dirmi qualcosa quando la porta si spalancò di colpo ed entrò J.J. Sachs:

-Lo abbiamo stanato.-

 

 

FINE PARTE SECONDA

 

PARTE TERZA

 

CORSA CONTRO IL TEMPO

 

1.

 

 

Quartier Generale dello S.H.I.E.L.D., ufficio del Comandante Laura Brown. I nostri sguardi si puntarono su J.J. Sachs e fu Laura Brown a parlare per prima:

-Cosa intendi dire con: lo abbiamo stanato?-

-Esattamente quello che ho detto.-

-E come diavolo ci saresti riuscita? Cosa ne sa di intelligence una…-

-Una puttana, volevi dire? Tranquilla, non mi offendo. Sono troppo contenta di aver battuto voi super agenti segreti sul vostro stesso terreno.-

-Ti dispiacerebbe dirci finalmente cosa hai scoperto?- le chiesi cercando di non mostrarmi spazientito.

-Ma certo, mio caro Mike.- rispose J.J. sfoderando un sorriso ammiccante -Il vostro inafferrabile Ferrari ha commesso un grave errore anche se non poteva probabilmente immaginare che lo fosse. Avevo chiesto a… un mio contatto nel giro delle agenzie di escort di tenermi informata su certi movimenti. Ebbene, mi ha appena detto che ieri un uomo ha richiesto i servigi di un giovanotto in un hotel del centro di Manhattan. La descrizione del cliente che ha dato il ragazzo stamattina corrisponde a quella di Ferrari.-

-Hai contatti nelle agenzie di escort?- chiese acida Laura -Perché non ne sono sorpresa?-

J.J. non le dette peso e proseguì:

-Non è tutto: per pagare il nostro amico ha usato una carta di credito e scommetto che voi geni dello S.H.I.EL.D. siete capaci di rintracciarne i movimenti.-

                Laura non perse tempo e disse:

-Voglio tutti qui entro un’ora, comprese le russe, a costo di andarle a prendere personalmente.-

                Prese il telefono e compose un numero.

-Nick, abbiamo delle novità finalmente.

                Le acque si stavano smuovendo e nel modo più inaspettato.

 

                Ufficio di Nick Fury, poco prima. Lo schermo di fronte a me era diviso in quattro sezioni in ognuna delle quali compariva il volto di un famoso scienziato che era anche esponente della comunità dei supereroi anche se per uno di loro la cosa era tenuta segreta al resto del mondo.

-Credete di poterlo fare?- chiesi

<<Teoricamente sì. Ho già in mente uno schema.>> rispose Reed Richards, Mister Fantastic, leader dei Fantastici Quattro.

<<Certo che si può fare, Nick.>> aggiunse Anthony Stark, che segretamente era l’Invincibile Iron Man <<L’importante è avere la tecnologia adeguata e le giuste informazioni sul tipo di energia con cui abbiamo a che fare.>>

<<A questo posso provvedere io.>> intervenne il Dottor Robert Bruce Banner, meglio noto come l’Incredibile Hulk, dai suoi laboratori nel Nevada  <<Yuri Topolov, soprannominato Gargoyle, era un vero genio, molto più avanti del suo tempo. È stato il primo avversario superumano con cui ho avuto a che fare quando sono diventato Hulk, ma questa è un’altra storia.[12] Per nostra fortuna uno dei suoi assistenti di allora, il Dottor Igor Drenkov, che oggi lavora per me, ha collaborato allo sviluppo di quell’arma e può dirci tutto quello che sa, non è vero, Igor?>>

            Si fece avanti sullo schermo un uomo allampanato dai capelli grigi e l’aria non proprio entusiasta.

<<Si tratta di un costrutto di nanoparticelle.>> disse <<Potremmo definirle una versione delle particelle scoperte dal Dottor Pym che gli hanno permesso di diventare prima Ant Man e poi Giant Man.>>

<<Avevate spiato il mio lavoro?>> chiese in tono tutt’altro che cordiale il Dottor Henry Pym dal suo laboratorio nella Contea di Los Angeles.

<<Niente affatto.>> ribatté Drenkov <<Gargoyle… il Dottor Topolov… era arrivato a quelle particelle in modo del tutto indipendente e le aveva utilizzate per creare un’arma piccola, compatta e micidiale. Una volta esposte all’aria le particelle si sarebbero espanse liberando un’enorme energia distruttiva capace di cancellare completamente un’area più vasta dell’isola di Manhattan. Gargoyle stesso ne fu spaventato. Dopo la sua morte le sue invenzioni furono suddivise in vari siti e furono anche diffuse false informazioni su dove fossero realmente e sulla loro natura.>>

-Il che spiega molte cose, ma ci lascia al punto di partenza.- dissi.

<<Non è detto.>> replicò Hank Pym <<Se sono veramente come le particelle Pym, esiste un modo renderle inerti e neutralizzare l’arma.>>

<<Ma certo!>> intervenne Stark <<Ora che sappiamo cosa sono e come funzionano, abbiamo la tecnologia per bloccarle.>>

<<Ed ho già idea di come.>> aggiunse Richards.

-E credete di poterlo fare anche da remoto?- chiesi.

<<Sicuramente.>> risposero praticamente all’unisono tutti i miei interlocutori.

            In quel momento il mio telefono squillò. Laura Brown aveva delle novità importanti da dirmi.

 

            Nella foresteria della sede. La ragazza che si faceva chiamare Wilhelmina “Billie” Garvin e talvolta Petra O’Donnell o altri nomi ancora finì i suoi esercizi mattutini, si fece una rapida doccia, sistemò i suoi capelli neri annodandoli dietro la nuca poi si rivestì con una pratica tuta azzurra a cui agganciò una fondina con relativa pistola.

Chi l’avesse potuta osservare da vicino avrebbe notato che aveva al collo un piccolo medaglione con incise le lettere MB. Cosa significassero e cosa potesse esserci all’interno del medaglione era un segreto solo suo.

            Lo squillo del telefono interruppe il corso dei suoi pensieri. Rispose, ascoltò ed infine disse:

-Ci sarò.-

            La giovane donna riattaccò, poi si sedette davanti ad un tavolino, estrasse un tablet dalla sua valigetta, lo accese ed attese.

Pochi istanti dopo sullo schermo apparve il volto di un uomo dai folti baffi neri.

-Buongiorno M.- disse lei..

<<Buongiorno Agente B.>> la salutò il capo del MI6[13] <<Ci sono novità?>>

-Forse. Sono stata appena convocata ad una riunione urgente. Forse abbiamo finalmente trovato il nostro uomo.-

<<Ottimo. Tienimi informato e cerca di non farti ammazzare.>>

-Oh, io sono abituata ad essere presa di mira dai cattivi. È una tradizione di famiglia, lei lo sa.- replicò la ragazza con un sorriso.

            Salutò il suo capo, ripose il tablet nella valigetta e si avviò verso la sala riunioni.

 

 

2.

 

 

            Sala riunioni. A quanto pareva ero stato l’ultimo ad arrivare. Mio fratello mi fece cenno di sedermi accanto a lui ed io lo raggiunsi.

-Non ti sei perso niente.- mi disse Mike -Ma sembra che  Laura abbia delle novità interessanti da raccontarci.-

         Ero davvero incuriosito. Avevamo davvero trovato una buona pista? Sarebbe stata anche l’ora. Non era nel mio stile stare semplicemente ad aspettare.

         Laura Brown si schiarì la voce ed in breve ci raccontò cosa aveva scoperto J.J. Sachs e come.

-Tradito dalla libido. Non è poi così infallibile questo Ferrari.- commentò Deadpool -Ci sarei potuto cadere anch’io. Si sa che sono molto sensibile a certi richiami.- Guardò nella mia direzione -Sam, invece, è un vero duro. Lui avrebbe resistito eroicamente ai richiami della carne, non è vero, Sam?-

         Non ero sicuro di cosa volesse dire o perché insistesse a chiamarmi Sam, ma gli lanciai ugualmente un’occhiataccia.

-Confesso che era una pista che non mi era affatto venuta in mente.- disse ancora Laura in tono dispiaciuto.

-Questo perché voi dello S.H.I.E.L.D. siete abituati a pensare in termini di grandi minacce, alta tecnologia, organizzazioni dai nomi altisonanti e costumi sgargianti.- intervenne Gambit -Un normale poliziotto ci avrebbe pensato subito. Non rammaricarti troppo, chérie. Gli X-Men  avrebbero fatto lo stesso errore.-

-E non lo rifaremo in futuro.- ribatté Laura -Nel frattempo non siamo stati con le mani in mano. Una volta avuti i dati della carta di credito usata da Ferrari i nostri tecnici sono risaliti ad un conto cifrato in una banca di un paradiso fiscale off shore. Abbiamo preferito non violarlo per timore di mettere in allarme l’intestatario.-

-Ottima idea.- disse Rufus Carter -Se i nostri nemici avessero sentore che li abbiamo individuati cambierebbero i loro piani e allora addio.-

-Esattamente.- convenne Laura -Seguendo la carta di credito abbiamo scoperto che Ferrari ha noleggiato un’auto. Siamo riusciti a connetterci con il suo GPS ed a ricostruire il suo itinerario. Si sta dirigendo verso Turtle Bay.-

-Sta venendo qui, dunque.- dissi io -Il che significa che è pronto ad azionare l’arma.-

-Ma perché proprio qui?- chiese Jonathan Juniper -Se quell’arma è davvero quella che ci è stata descritta, potrebbe attivarla in un punto qualunque di New York ed il risultato sarebbe lo stesso. Perché correre il rischio di arrivare fin quasi nella tana del nemico?-

-Perché questo è il luogo che lui, nella sua distorta prospettiva, considera il simbolo dei suoi sogni infranti.- rispose Mike -La sua vendetta per i presunti torti subiti non avrebbe senso se questo posto non fosse il primo a sparire.-

-Ma quando azionerà l’arma anche lui ne sarà vittima.-

-Forse non gli importa di morire.- intervenne il Lupo Bianco -Forse intende nascondere l’arma da qualche parte ed azionare un meccanismo a tempo o forse si è fatto impiantare un chip neurale di teletrasporto come quello di Solo e progetta di fuggire all’ultimo momento grazie a quello. Non possiamo saperlo, ma forse possiamo intercettarlo prima che lo faccia.

-Ed è esattamente questo il piano.- replicò Laura -Meglio che vi prepariate all’azione perché è imminente. Questo vale anche per le nostre amiche russe ovviamente.-

-Faremo la nostra parte, Comandante Brown.- assicurò la donna di nome Petra.

-Me lo auguro.- replicò Laura.

 

         Altrove, non molto dopo. L’uomo conosciuto come Hydra Imperiale chiuse la comunicazione e batté un pugno sul tavolo.

Le informazioni che aveva ricevuto da ben due fonti erano chiare: lo S.H.I.E.L.D. aveva individuato Ferrari e si apprestava a fermarlo. Non poteva avvertirlo perché era in silenzio radio, una precauzione adottata per evitare che potessero rintracciare la loro posizione intercettando le loro comunicazioni e che ora gli si stava rivoltando contro. Non restava che una sola cosa da fare.

Un minuto dopo il volto dell’uomo chiamato Deathstorm apparve su uno schermo.

-Prendi con te tutti gli uomini che puoi ed elimina tutti i nostri avversari prima che intercettino Ferrari.- gli ordinò il suo capo.

<<E se lo avessero già raggiunto?>>

-Allora recupera l’arma a qualunque costo. Non deve finire nelle loro mani.-

<<E Ferrari?>>

-Se puoi, portalo con te, altrimenti uccidilo.-

<<Lo farò.>>

            Deathstorm chiuse la comunicazione e l’Hydra Imperiale rimase ancora una volta solo.

 

            Turtle Bay, Manhattan, New York, City. David Ferrari scese dalla sua auto e contemplò il panorama davanti a lui. L’isoletta su cui sorgeva il complesso di edifici chiamato Triskelion che ospitava il quartier generale dello S.H.I.E.L.D era proprio davanti a lui. Per qualche istante fu sommerso dai ricordi del suo periodo lì, pochi dei quali erano buoni.

            Prese la scatola che conteneva l’arma che era venuto ad attivare  Se sua sorella fosse stata ancora viva lui non avrebbe mai accettato quel piano, ma adesso se l’intera Manhattan fosse finita in cenere non gliene sarebbe importato. Non avrebbe provato alcun rimorso.

-Fossi in te, David, poserei quella scatoletta in un posto sicuro… per esempio le mie mani.- disse una voce alle sue spalle.-

            Ferrari si voltò di scatto per trovarsi di fronte Mike Fury, suo fratello Nick Jr assieme ad altri agenti dello S.H.I.E.L.D. e non solo.

-E così mi stavate aspettando.- commentò Ferrari -Sono stato troppo prevedibile?-

-Qualcosa di simile.- rispose Mike -Ora fai il bravo e dammi quella scatoletta.-

-E se invece l’azionassi? Che ho da perdere? Moriremmo insieme, Mike. Tu, io e milioni di altre persone.-

-Provaci.-

            Ferrari rimase un momento perplesso. A che gioco stava giocando Mike Fury?

-Posso stenderlo adesso.- disse Nick Fury Jr. -Una bella pallottola in fronte e sarà tutto finito..-

-No.- ribatté Mike -Fagli vivere il suo momento di gloria. Allora, David, sei davvero pronto a morire per la tua causa?-

            Qualcosa non stava andando per il verso giusto, Ferrari ne era certo. Non resistette alla tentazione e premette un pulsante sulla scatola. Non accadde nulla.

-Sorpresa!- esclamò Mike con un sorriso.

            Fino ad allora non era stato davvero sicuro che la disattivazione da remoto avrebbe funzionato anche se era stata progettata da quattro geni. Ora poteva concedersi un sospiro di sollievo.

-Prendetegli quella dannata scatoletta, disarmatelo e ammanettatelo.-

-Ci penso io.- disse una giovane agente dai capelli rossi.

-Gertrude Jacks!- esclamò Ferrari -Che piacere rivederti. Avrei, però, preferito essere frugato da quel bel maschione di Nick Fury Jr.-

-Non riesci a fare a meno di fare il buffone, Ferrari?- ribatté Mike.

-Mi conosci, Mike. Sono fatto così.-

Con una mossa improvvisa Ferrari lasciò cadere la scatoletta ormai inutile, afferrò con la sinistra il polso di Gertrude Jacks spingendola davanti a sé mentre una piccola pistola usciva dalla manica destra della sua giacca per finire nella sua mano.

-Penso che me la giocherò fino in fondo a modo mio, Mike.- disse.

-Farti scudo di Gertrude non ti servirà a nulla, David.- replicò Mike -Sono un ottimo tiratore e posso sempre spararti in fronte.-

-Davvero lo faresti, Mike?- lo provocò l’altro.

-Se non lo farà lui, non avrò esitazione a farlo io, puoi esserne certo.- intervenne Nick Fury Jr. con voce dura.

            Erano apparentemente finiti in una situazione di stallo, ma prima che un’altra mossa potesse essere fatta il cielo si riempì di figure in tuta nera che indossavano dei Jetpack e cominciarono a sparare su di loro.

            La situazione era improvvisamente peggiorata.

 

 

3.

 

 

            Turtle Bay, Manhattan. A quanto pareva, quello che rimaneva di Alba Nera aveva deciso di giocare il tutto per tutto. Per fortuna lo avevamo previsto.

                Mi gettai a terra e gridai.

-Adesso!

                Dalle nuvole sbucò un uomo in armatura dorata. Si faceva chiamare Chance, era uno dei mercenari tecnologici al servizio della Justice Inc. e cominciò a sparare contro i nostri avversari abbattendone un po’.

                A cavalcioni portava quel mattoide di Deadpool che urlava a squarciagola:

-Yahoo, Silver!-[14]

                Improvvisamente si lasciò cadere piombando sul gruppo dei nostri avversari affettandone un paio con le sue katane e strappando il jetpack ad un terzo.

-Questo serve a me.- lo sentii dire mentre il suo avversario piombava verso le acque sottostanti.

                Nel frattempo Gertrude Jacks aveva sferrato un calcio negli stinchi a David Ferrari e si era liberata dalla sua stretta. Fece solo pochi passi prima che una pallottola la cogliesse alla schiena.

-Gertrude!- gridò mio fratello e corse verso di lei.

                Uno dei nostri avversari lo stava prendendo di mira, ma fu colpito da un raggio azzurrognolo. Era un cosiddetto morso di vedova sparato da uno dei bracciali della ragazza che si faceva chiamare Vedova Bianca.

-Nessun figlio di Nick Fury morirà oggi.- proclamò.

                Anche le sue altre due compagne erano entrate in azione contro i nostri comuni nemici, mentre potevo vedere la Gatta Nera e Domino fare la loro parte alla loro spettacolare maniera. J.J. Sachs stava dimostrando che la sua frusta non era solo per bellezza. Al suo fianco Ernie Schultz stava usando la sua mitraglietta.

La situazione era decisamente confusa e non riuscivo a seguire tutti. Ad un certo punto mi ritrovai fianco a fianco con Laura Brown.

-Lieto di vederti in buona salute.- le dissi.

-Sono sopravvissuta alla Divisione Tigre dell’Hydra.- disse orgogliosamente -Questi sono robetta al confronto.-

                Vidi Nick ancora chino su Gertrude Jacks. D’improvviso alzò la testa ed il suo volto aveva un’espressione spaventosa. La sua voce esprimeva molto più che collera mentre diceva:

-David Ferrari è mio.-

 

                David Ferrari aveva approfittato della confusione per filarsela, ma non poteva essere andato troppo lontano. Lo avrei ritrovato ad ogni costo.

         Mi guardai intorno e vidi che aveva raggiunto la sua auto. Presi la rincorsa e riuscii ad afferrarmi ad una portiera. Lui fece un paio di manovre per farmi cadere ed alla fine ci riuscì. A quel punto tentò di investirmi, ma io sparai centrando il motore. Ferrari perse il controllo dell’auto, ma riuscì a saltar fuori prima che esplodesse.

         Rimasi per qualche attimo confuso, la testa mi girava. Ero ferito. Un pezzo della carrozzeria mi aveva raggiunto ad un fianco. Ci mancava solo questo.

Una figura emerse dal fumo. Non era Ferrari, ma un uomo in costume nero con un cappuccio che gli copriva la metà superiore del volto.

-Tu sei uno dei figli di Nick Fury, giusto?- disse -Sarà un vero piacere ucciderti.-

-E tu chi saresti?-

-Puoi chiamarmi Deathstorm. Sono il capo di Alba Nera.-

-Non ti è rimasto molto da comandare, direi.- ribattei sarcastico.

-Tu non ne godrai a lungo, però.-

-Non muoverti o ti facciamo saltare la testa.-

         A parlare era stata Laura Brown affiancata da Jonathan Juniper e dietro di loro stava arrivando mio fratello Mike.

Deathstorm si girò verso di loro poi scomparve.

-Un maledetto teleporta.- borbottò Laura.

-Attenti!- gridai.

         Deathstorm era riapparso alle loro spalle per poi fare fuoco con la sua strana pistola.

-No!- urlò Juniper.

         Si gettò davanti a Laura spingendola al tempo stesso a terra e si prese in pieno il colpo destinato a lei.

-Jon! No!- urlò Laura sconvolta.

         Deathstorm non ebbe tempo di godersi quello che aveva fatto. Provò ancora a teleportarsi, ma senza successo.

-Cosa?- esclamò un attimo prima che la lama di una katana gli trapassasse la schiena strappandogli un grido.

-Sorpresa! - esclamò Deadpool recuperando la sua arma mentre Deathstorm stramazzava al suolo -Ho imparato il trucchetto per disattivare il tuo teletrasporto.- si guardò intorno e la sua voce perse il tono scherzoso -Vorrei essere arrivato prima.-

         Mi alzai in piedi a fatica tenendo la mano sul fianco. Il pezzo di metallo che ci era conficcato impediva una massiccia perdita di sangue, ma questo non mi consolava. Alla fine riuscii a raggiungere gli altri.

         Laura era ancora china su Juniper.

-Jon, perché?- gli chiese lei con le lacrime che le rigavano il volto.

-La tua vita vale molto più della mia.- rispose lui con un filo di voce -Io sono solo un misero clone di un uomo morto da più di ottant’anni, una pallida imitazione.-

         Reclinò la testa mentre Laura diceva:

-Sei un uomo, Jon. Più uomo di tanti altri che ho conosciuto.-

         Ma lui non poteva più sentirla.

 

         Howard A. Stark Memorial Hospital, Lower East Side. Ero in piedi accanto ai miei figli e Laura Brown quando la Dottoressa Jane Foster venne verso di noi. Il suo sguardo cupo diceva tutto.

-Purtroppo per Mr. Juniper non c’era più nulla da fare. Non ho potuto che constatarne la morte.-

            Laura scoppiò a piangere e sembrò che le gambe non la reggessero. Fu mio figlio Mike a sostenerla.

-L’Agente Jacks è viva, ma è ancora troppo presto per dire se uscirà dal coma ed in che condizioni.-

-Lo S.H.I.E.L.D. sosterrà tutte le spese necessarie.- dissi convinto.

-E quel Deathstorm?- chiese Nick Jr.

-Vivrà, ma la lama di Deadpool gli ha spezzato la schiena. È tetraplegico ormai.-

-Non piangerò certo per lui. È una punizione che ha ampiamente meritato.-

            Non avrei potuto essere più d’accordo.

 

 

FINE PARTE QUARTA

 

EPILOGHI

 

EPILOGO UNO

 

 

            Cimitero Nazionale di Arlington, Virginia. Avevo partecipato a troppi funerali nella mia lunga vita e questo non era meno doloroso degli altri. Era la seconda volta che Jonathan Juniper veniva sepolto sotto i miei occhi. Certo, questo era il clone del ragazzo che era stato ucciso dai nazisti nel 1942, ma per me non faceva differenza.

            Al mio fianco, tutti rigorosamente in alta uniforme, c’erano i miei compagni degli Howling Commandos. Chissà se anche loro si sentivano relitti del passato come me in questo momento?

            La cerimonia funebre fu, per fortuna, breve. Una salva di fucileria salutò il feretro mentre veniva calato nella fossa. La bandiera ripiegata fu consegnata ad uno dei pronipoti di Junior. Era un allievo dell’Accademia dello S.H.I.EL.D. e forse un giorno si sarebbe dimostrato all’altezza del prozio e del clone che era stato lui per un tempo troppo breve.

            Laura Brown aveva seguito in silenzio tutta la cerimonia. Indossava un rigoroso tailleur nero ed un cappellino con veletta. Forse nemmeno lei aveva capito quali fossero i suoi veri sentimenti per Junior finché non era stato troppo tardi.

            Rimase silenziosa durante tutto il viaggio di ritorno a New York e solo dopo che fummo sbarcati dall’aereo la vidi stringere la mano di mio figlio Mike e la sentii dire:

-Accompagnami a casa, per favore.

            Non udii la risposta di Mike , ma fu abbastanza evidente quando si avviarono insieme verso il parcheggio.

            C’era stato un tempo in cui ero stato innamorato di Laura, o così credevo, ma non era di me che aveva bisogno adesso.

            Le augurai silenziosamente buona fortuna.

 

 

EPILOGO DUE

 

 

            Manhattan, New York City. Durante tutto il viaggio verso il suo appartamento Laura non disse una parola. Solo quando fummo davanti alla porta del suo appartamento mi  guardò e disse:

-Rimani con me, Mike, per favore.-

                Per la prima volta non sembrava la donna forte e sicura che avevo conosciuto fino ad allora e mi appariva fragile. Ebbi l’impulso di abbracciarla, ma mi trattenni.

-Io…- balbettai sorpreso -Sei… sicura?-

-Quello di cui sono sicura e che non voglio… non posso restare sola stanotte e non potrei pensare a nessuno migliore di te con cui stare.-

                Non avrei potuto dirle di no e non lo feci. In breve ci ritrovammo nel suo letto e quello che era inevitabile che succedesse in quelle circostanze successe.

                Un po' di tempo dopo Laura giaceva addormentata con la testa sul mio petto ed ancora una volta mi sembrò dolce e fragile. Le accarezzai i capelli chiedendomi cosa ne sarebbe stato di noi al mattino.

                Lo avremmo scoperto insieme.

 

 

EPILOGO TRE

 

 

        Tudor City, Manhattan, New York City. Le madri sono tutte uguali, dicono, anche una come la mia che in gioventù era stata un agente segreto.

-Sei sicuro di stare bene, Nicky?-

-La mia ferita non era poi questo granché.- risposi -Qualche punto ed un po’ di antidolorifici e già mi sento a posto.-

-Mi ricordi tuo padre quando parli così.- replicò lei -Vi sentite obbligati a mostrarvi dei duri in ogni situazione.-

-Che ci vuoi fare?-

-Nulla, e comunque non stavo pensando alla tua ferita, ma a come ti senti per quello che è capitato ai tuoi compagni di squadra. Non è facile quando restano feriti o uccisi.-

-Forse avrei potuto salvare Juniper o Gertrude Jacks. Temo che non lo saprò mai.-

         Quando ero ancora semplicemente il Primo Sergente Marcus Johnson sentivo su di me il peso della responsabilità verso coloro che dipendevano da me. Dopo aver scoperto di essere in realtà Nicholas Joseph Fury Jr. le cose non erano certo cambiate.

         Salutai mia madre per tornare al mio appartamento. Una volta arrivato all’ascensore cambiai idea. Mi fermai ad un altro piano dell’edificio, percorsi un lungo corridoio, mi fermai davanti alla porta di un appartamento e suonai il campanello.

Anne Weaver venne ad aprire. Mi fissò per qualche istante e quello che dovette leggere sul mio volto la convinse a dirmi:

-Entra.-

 

 

EPILOGO QUATTRO

 

 

            Solomon Tower, Manhattan, New York City. Angela Cleaver fissò i quattro uomini e due donne davanti a lei e disse:

-Ecco fatto. Le somme concordate come vostro onorario sono state depositate nei conti da voi indicati. Potete controllare.-

-Mi fido di lei, Mrs. Cleaver.- replicò il Lupo Bianco -Non è certo il tipo che tenterebbe di imbrogliare gente come noi. Ora, se volete scusarmi, ho degli affari da sbrigare in Wakanda.-[15]

-Io e Gambit pensavamo di concederci una vacanza insieme.- disse la Gatta Nera -Ti va di unirti a noi, Domino?-

-Perché no?- rispose la mutante dalla pelle color latte -Dopo quello che abbiamo passato, uno stacco dal lavoro è proprio quello che ci vuole e la compagnia è interessante.-

            Mentre Domino e gli altri parlavano Chance se n’era semplicemente andato. Deadpool allargò le braccia e disse:

-Io credo che spenderò i miei soldi in donne e alcool, il resto lo sperpererò.-

Di fronte agli sguardi perplessi degli altri aggiunse:

-Che c’è? Non sapete riconoscere una citazione - barra - parafrasi di George Best? Semplicemente uno dei più grandi giocatori di football di tutti i tempi. Parlo del vero football, non della robaccia che praticate voi barbari a sud del confine.-[16]

            Detto questo, balzò oltre una finestra. Le ultime parole che gli altri udirono furono.

-Ci si vede nei fumetti, gente… o nelle fan fiction. Meglio ancora: al cinema.-

            Angela Cleaver si limitò a scuotere la testa.

 

 

EPILOGO CINQUE

 

 

            Mosca, Capitale della Federazione Russa. Aleksandr Sergeievitch Demizov fissò il volto furente di donna che campeggiava sul display del suo telefono.

<<Mi hai tradito, Aleksandr Sergeievitch ed hai tradito anche la patria. Ti hanno scoperto e stanno venendo a prenderti. Sai qual è la tua unica via d’uscita. Prendila.>>

            Demizov non rispose. Chiuse la comunicazione e prese una pistola da un cassetto. Sapeva cosa doveva fare.

            Dal corridoio che portava al suo ufficio coloro che erano venuti a prelevarlo udirono distintamente il rumore di uno sparo e capirono cosa aveva fatto.

 

 

EPILOGO SEI

 

 

Quartier Generale dello S.H.I.E.L.D., Turtle Bay, Manhattan, New York City.  Margaret “Daisy” Johnson, nota anche come Quake e Skye, occupava buona parte dello schermo davanti a me.

<<Mi dispiace che io e la mia squadra non abbiamo potuto essere utili durante l’ultima crisi, Colonnello Fury, ma, come sa, eravamo impegnati in un’altra missione.>>

-Ce la siamo cavata anche senza di te.- replicai -Adesso, però, tu e la tua squadra potrete essere davvero utili. Il vostro prossimo incarico sarà scovare l’Hydra Imperiale e portarmelo vivo o morto.-

            Non occorreva aggiungere altro.

 

 

EPILOGO SETTE

 

 

            Centro detentivo dello S.H.I.E.L.D., Turtle Bay, Manhattan, New York City. La donna nota solo come Kestrel se ne stava seduta nella sua cella con un’espressione impenetrabile sul suo bel viso. Aveva giocato tutte le carte che aveva a disposizione ed ora non poteva che attendere.

            Improvvisamente la porta della cella si aprì. Lei alzò gli occhi, sorrise nel riconoscere l’uomo sulla soglia e disse:

-Frank Littel! Aspettavo la tua visita.-

 

 

EPILOGO OTTO

 

 

            Da qualche parte a Manhattan. La donna dai capelli platinati che si faceva chiamare Bumper Ruggs era in teleconferenza con le Hawaii.

-E questo è tutto..- disse al suo interlocutore -J.J. ed Ernie sono rientrati senza un graffio, il che non è poco considerato quello che hanno passato.-

<<E saranno ben ricompensati per questo, glielo garantisco.>>

-Su questo non ho mai avuto dubbi. La cosa che non riesco a capire è perché lei fosse tanto interessato a quella giovane russa, Mr. Fisk.-

<<La cosa non deve interessarle, Miss Ruggs. Ci sono cose su cui è meglio non fare domande.>>

-Me lo ricorderò, Mr. Fisk. Buona giornata.-

            Lo schermo divenne nero. Non c’era più altro da dire.

 

 

EPILOGO NOVE

 

 

            Una spiaggia della Repubblica di Cuba. Anastasia Balanova stava prendendo il sole in topless quando vide venire verso di lei  la donna di nome Petra. C’erano sicuramente delle novità e si poteva solo sperare che fossero buone.

-Ottime novità, Nastya.- le disse la sua amica -Sarai pienamente reintegrata nel tuo ruolo. Ovviamente dovrai sottoporti ad esami clinici per accertarsi che ogni traccia del lavaggio del cervello a cui sei stata sottoposta siano davvero scomparsi completamente. Nei primi tempi potrai agire solo affiancata da un supervisore finché non sarai giudicata pienamente capace di agire autonomamente. Sono riuscita ad ottenere di essere nominata tuo supervisore, non è bello?-

-Ne sono felice.- replicò Anastasia.

            In pratica l’avevano messa in una gabbia dorata, ma pur sempre una gabbia. La parte buona era che Petra sarebbe stata la sua sorvegliante e lei sapeva come tenerla a bada e, se necessario, manipolarla e questo le dava un sia pur minimo vantaggio.

-Partiremo per Mosca tra una settimana.- disse ancora Petra -Nel frattempo godiamoci questa vacanza insieme.-

            Petra la baciò ed Anastasia rispose al bacio con tutto l’entusiasmo che poteva  mentre scivolavano sulla sabbia. Ancora una volta sarebbe sopravvissuta.

 

 

EPILOGO DIECI

 

Un piccolo cimitero appena fuori San Diego, California. Non capita a molti di poter visitare la propria tomba. Kathryn O’Brien stava in piedi davanti ad una lapide con su incisi il suo nome, la sua data di nascita e quella della sua molto presunta morte.

Si morse le labbra. Fingere la propria morte, cambiare nome e città non erano serviti a proteggere i suoi cari. Forse sarebbe stato meglio per tutti loro se fosse morta davvero.

            Un rumore alle sue spalle la fece voltare di scatto. Davanti a lei c’era un uomo alto e segaligno che disse:

-Strano posto per un incontro.-

-Forse quello più appropriato per me.- ribatté Kathryn in tono amaro -Grazie di essere venuto, William.-

-Non avrei potuto dire di no ad una vecchia amica e compagna di lavoro.- replicò William Roth.

-E di questo ti ringrazio. Da te mi serve sapere una cosa sola: è stato lui? È lui che ha fornito a quei tizi di Alba Nera le informazioni su mia sorella e… Sarah?-

-Il tuo caro ex marito, intendi? È possibile ed anche molto probabile. Tra tutti coloro che sapevano è l’unico che potrebbe averlo fatto, in effetti. Io non sono stato, puoi credermi.-

-Ti credo, William. Non posso dire lo stesso di tanti altri nella C.I.A, ma di te so che posso fidarmi.-

-Beh… grazie. che intendi fare adesso?-

-Molto semplice: intendo chiudere i conti con lui una volta per tutte.-.

-In questo caso, potrei farti conoscere altre due donne molto speciali che condividono il tuo stesso obiettivo.-

-Dimmi di più.-

 

 

FINE?

 

 

Solo poche parole a conclusione di questa lunga avventura.

1)    Diciamo addio a Jonathan “Junior” Juniper o meglio al suo clone, personaggio introdotto su questa serie da Andrea Garagiola. Gli avrò reso giustizia? Non sono io a doverlo dire. La sua morte ha già mostrato riflessi su altri dei nostri personaggi. Fino a che punto sarà il futuro a dirlo.

2)    In quale misteriosa missione era impegnata la squadra di cui fa parte Daisy Johnson? Chissà che qualcuno non si decida a raccontarcelo prima o poi? Da parte mia sentivo la necessità almeno di menzionarli.

3)    Mentre ritroveremo Yelena Belova prossimamente su Vendicatori Segreti, nulla si può ancora dire delle altre due Vedove, specie della Rossa, ma si può ragionevolmente presumere che le rivedremo, visti anche i molti fili rimasti in sospeso. Quando e dove è ancora tutto da decidere.

4)    Se, quando e dove rivedremo la Gatta Nera, Gambit, Deadpool e Domino non spetta solo di me stabilirlo. Tenete gli occhi aperti, mi raccomando.

5)    Kathryn O’Brien ritornerà in una storia che vedrà coinvolte anche altre due famose donne d’azione dell’Universo Marvel. Chi? Non vi aspetterete davvero che ve lo dica adesso? -_^

Nel prossimo episodio… conseguenze e decisioni.

 

 

Carlo



[1] La prima Vedova Nera per chi non lo sapesse.

[2] Su Lethal Honey #31.

[3] Su Justice Inc. #25/29.

[4] Capo di una rete di spie russe in una nazione estera.

[5] Sluzhba Vneshney Razvedki. Il servizio di spionaggio all’estero della Federazione Russa.

[6] Su Lethal Honey #31.

[7] Vezzeggiativo di Nikolai.

[8] Ex membro russo del comitato di controllo dello S.H.I.E.L.D.

[9] Come visto nei recenti episodi di Lethal Honey e Justice Inc.

[10] Patria in Russo.

[11] Su Lethal Honey #16/19.

[12] Che è stata narrata nel leggendario Hulk #1 datato maggio 1962. Prima edizione italiana Uomo Ragno, Corno, #55/56.

[13] Nomignolo del Secret Intelligence Service, l’agenzia di spionaggio all’estero del Regno Unito.

[14] Per chi non lo sapesse, è il grido di incitamento di Lone Ranger al suo cavallo.

[15] Se volete sapere quali, seguite la nostra serie di Pantera Nera a partire dal n. 24.

[16] Canadese ovviamente.-_^.